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Ovidio


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Tacito
De oratoria,30
 
originale
 
[30] Transeo prima discentium elementa, in quibus et ipsis parum laboratur: nec in auctoribus cognoscendis nec in evolvenda antiquitate nec in notitiam vel rerum vel hominum vel temporum satis operae insumitur. Sed expetuntur quos rhetoras vocant; quorum professio quando primum in hanc urbem introducta sit quamque nullam apud maiores nostros auctoritatem habuerit, statim dicturus referam necesse est animum ad eam disciplinam, qua usos esse eos oratores accepimus, quorum infinitus labor et cotidiana meditatio et in omni genere studiorum assiduae exercitationes ipsorum etiam continentur libris. Notus est vobis utique Ciceronis liber, qui Brutus inscribitur, in cuius extrema parte (nam prior commemorationem veterum oratorum habet) sua initia, suos gradus, suae eloquentiae velut quandam educationem refert: se apud Q. Nucium ius civile didicisse, apud Philonem Academicum, apud Diodotum Stoicum omnis philosophiae partis penitus hausisse; neque iis doctoribus contentum, quorum ei copia in urbe contigerat, Achaiam quoque et Asiam peragrasse, ut omnem omnium artium varietatem complecteretur. Itaque hercule in libris Ciceronis deprehendere licet, non geometriae, non musicae, non grammaticae, non denique ullius ingenuae artis scientiam ei defuisse. Ille dialecticae subtilitatem, ille moralis partis utilitatem, ille rerum motus causasque cognoverat. Ita est enim, optimi viri, ita: ex multa eruditione et plurimis artibus et omnium rerum scientia exundat et exuberat illa admirabilis eloquentia; neque oratoris vis et facultas, sicut ceterarum rerum, angustis et brevibus terminis cluditur, sed is est orator, qui de omni quaestione pulchre et ornate et ad persuadendum apte dicere pro dignitate rerum, ad utilitatem temporum, cum voluptate audientium possit.
 
traduzione
 
30. ?Tralascio l'istruzione elementare, in cui gli allievi fanno troppo poco: non ci si impegna abbastanza nella lettura degli autori, nell'approfondire la conoscenza del passato, nell'acquisire notizie su fatti, uomini, tempi. Sono ricercatissimi, invece, i cosiddetti retori. E, mentre intendo parlare - e lo far? tra poco - dell'epoca in cui la loro professione ? stata introdotta a Roma e del credito sostanzialmente nullo che ha avuto presso i nostri antenati, d'altra parte ? indispensabile ripensare al metodo formativo segu?to, come ci ? ben noto, dagli oratori, la cui laboriosit? instancabile, la cui preparazione quotidiana e l'applicazione perseverante in ogni ambito di studi sono testimoniate dalle loro stesse opere. Vi ? noto - ? fuori dubbio - il Bruto di Cicerone, nella cui ultima parte (mentre la prima ? una rassegna dei vecchi oratori) riferisce sui suoi inizi, sui graduali progressi e su quella che potrei chiamare la sua crescita come oratore: come abbia appreso il diritto civile presso Quinto Muzio, come abbia studiato a fondo tutte le parti della filosofia presso l'accademico Filone e lo stoico Diodoto, e come non contento di questi maestri, che gli erano accessibili a Roma, abbia percorso anche l'Acaia e l'Asia, per abbracciare tutto il sapere nella sua variet?. Ed ? cos? che nei libri di Cicerone noi possiamo constatare che non gli ha fatto difetto la conoscenza della geometria, della musica, della grammatica, insomma di ogni ambito pi? alto del sapere. Possedeva le sottigliezze della dialettica, conosceva le lezioni pratiche della filosofia morale, le diverse manifestazioni e le cause dei fenomeni naturali. Perch?, ottimi amici miei, questa ? la realt?: ? solo da un'erudizione vasta, dal concorso di molte e molte discipline e dalla profonda conoscenza del sapere universale che sgorga e trabocca quell'eloquenza meravigliosa; la forza e le potenzialit? che l'oratore detiene non si possono circoscrivere, come negli altri casi, entro limiti stretti e angusti, ma ? vero oratore chi sa parlare su ogni questione con grazia e in modo elegante e persuasivo, sapendo tener conto della dignit? dell'argomento, delle necessit? del momento e non senza piacere per chi ascolta.?
 

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